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Raffaele Granata
Raffaele Granata, 70 anni
La mattina dell'11 luglio 2008 Raffaele Granata era nel suo stabilimento balneare "La Fiorente", a Marina di Varcaturo (NA), come tutte le mattine. L'uomo era orgoglioso della sua attività e, nonostante l'età, continuava a prendersene cura. Pressoché le 8:00, arrivarono in moto un commando della camorra casalese. I killer riconobbero l'uomo e si scagliarono contro. Raffaele nel 1992 denunciò le estorsioni determinando l'arresto dei taglieggiatori. Così, il clan colse l'occasione non solo per vendicarsi ma anche per dare un messaggio di forza contro quegli imprenditori locali che volevano seguire l'orma di ribellione e di denuncia dell'imprenditore napoletano. Raffaele fu assassinato in una stanzetta adiacente lo stabilimento mentre la gente iniziava ad affollare il lido.
Storico giuridico
- Nel processo della seconda sezione della Corte di Assise, presieduto da Maria Alaia e latere Orazio Rossisono, vede come imputati: Giovanni Letizia e altri componenti della batteria di fuoco dei Setoliani.
- 22 febbraio 2013 - La Corte d'assise di Santa Maria Capua Vetere conclude il processo emettendo le seguenti condanne:
- Ergastolo per: Giuseppe Setola, Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia e Carlo Di Raffaele.
- 28 anni di reclusione a Ferdinando Russo;
- 5 anni a Loran John Perham, ritenuto l'autista del commando;
- 12 anni a Oreste Spagnuolo, divenuto collaboratore di giustizia le cui dichiarazioni sono state determinanti per smantellare il gruppo Setola. - 26 giugno 2014 - La Corte di Assise del Tribunale di Napoli di S. Maria Capua Vetere conferma tutte le condanne tranne che per l'autista del commando, Loran John Perham, al quale attribuiscono 18 anni per concorso nell'omicidio.
- Quest'ultimo processo d'appello, ai danni di Loran Perham, l'uomo che aprì i cancelli del parcheggio dove trovarono rifugio i killer, è attualmente in attesa.
Il ricordo di Giuseppe Granata, figlio di Raffaele
"Quella mattina ricevetti una telefona da mio cognato che, quando avvenne l'attentato, si trovava di fianco allo stabilimento e sentii tutto. Corsi al lido ricongiungendomi alla mia famiglia e trovando davanti a me lo scenario di quanto era successo. In un'ora fummo raggiunti dai carabinieri che ci condussero con loro in caserma. Fin da subito indirizzammo le indagini sul movente dato che, qualche giorno prima, avevamo respinto una richiesta estorsiva".
"Non era la prima volta che il racket bussava alle nostre porte. La camorra è una piaga del nostro territorio e per gli imprenditori. Purtroppo, quest'ultima volta sottovalutammo gli emissari. Pensavamo fossero cani sciolti venuti da fuori e non li andammo a denunciare come facemmo in precedenza. Proprio per questo, i killer non esitarono a punire mio padre per i nostri rifiuti e per vendicarsi di quanto avvenuto anni addietro. Di certo la denuncia fatta nel 1992 fu una concausa a renderlo bersaglio dei casalesi".
"In seguito venni a conoscenza del mondo delle vittime innocenti. Purtroppo ne siamo entrati a far parte per un triste episodio ma sono contento di aver conosciuto così tante brave persone. Nel tempo l'impegno sociale non mi è mancato fino ad entrar a far parte del Comitato Scientifico della Fondazione Polis della Regione Campania. Inoltre, come famiglia svolgiamo attività di memoria nelle scuole del territorio o nelle attività intitolate a mio padre".
La principale dimostrazione di riscatto è l'aver continuato e implementato l'attività di mio padre. Abbiamo dimostrato che lo Stato vince sempre e la camorra non ci ha spezzato.
#Memoria: Eventi e luoghi intitolati a Raffaele Granata
- Novembre 2008 - La storia di Raffaele Granata è menzionata nel libro: "L'Italia del pizzo e delle mazzette" di Bruno de Stefano. Editore Newton Compton Editori.
- 19 febbraio 2009 - L'ISIS di Casalnuovo sceglie Raffaele Granata all'interno del progetto "adotta una vittima" promosso dall'Associazione Libera.
- 10 settembre 2010 - La storia di Raffaele Granata è menzionata nel libro: "L'impero" di Luigi di Fiore. Editore Rizzoli.
- 12 settembre 2010 - 1° Memorial ciclistico "Raffaele Granata, pedalando per la legalità", a Calvizzano (NA). Circa 60 ciclisti, dai 7 ai 12 anni, hanno gareggiato lungo un circuito cittadino di 900 metri, ripetuto più volte. L'evento è stato organizzato dall’assessore allo sport, Pasquale Napolano, in collaborazione con il team ciclistico Balzano.
- 5 aprile 2012 - Cerimonia di inaugurazione della strada Raffaele Granata. La strada attraversa il territorio di quattro Comuni congiungendo da via Falcone di Marano di Napoli alla Circumvallazione esterna di Villaricca.
- 11 luglio 2014 - Giornata commemorativa presso la sala consiliare del Comune di Castel Volturno. Intervenuti all'evento: il Sindaco Dimitri Russo, Luigi Ferrucci, Presidente FAI Castel Volturno, Tano Grasso, Presidente Onorario FAI, Cesare Sirignano, magistrato della DDA di Napoli, Carmela Pagano, Prefetto di Caserta e Santi Giuffé, commissario Straordinario del Governo per il coordinamento antiracket e antiusura.
- 11 luglio 2015 - Commemorazione presso la sede FAI di Castel Volturno. Presenti i referenti delle associazioni e i familiari delle vittime innocenti.
- 11 luglio 2016 - Evento di commemorazione organizzato dalla FAI di Castel Volturno. Presenti diversi referenti tra le associazioni e i familiari delle vittime innocenti.
- 11 Luglio 2017 - Evento alla memoria dal titolo:"Sempre il mare, uomo libero, amerai", presso il lido “La Fiorente” in Marina di Varcaturo. L'evento rientra nella decima edizione del festival dell'impegno civile "Le terre di don Peppe Diana" realizzato sui beni confiscati alla criminalità organizzata.
- 11 luglio 2018 - Commemorazione presso il Lido "La Fiorente", a Castel Volturno. Evento organizzato dalla FAI, Libera e il Comitato Don Peppe Diana. Intervenuti diversi referenti della FAI.
Pasquale Feliciello
Pasquale Feliciello, 60 anni
Erano da poco passate le 18:00 del 5 maggio 1990. Pasquale Feliciello, padre di nove figli e impiegato presso la ASL di Napoli, aspettava un nipote ai piedi del circolo ricreativo "Rinascita" di Casalnuovo. Quel giorno, anziché fermarsi a giocare a carte come ogni pomeriggio, aveva un impegno con un amico per aiutarlo nella propaganda elettorale del periodo. Ebbene, di lì a poco giunse una motocicletta con due killer. Al momento di estrarre l'arma la moto scivolò finendo proprio ai piedi del povero Pasquale. Dietro di lui vi era Gennaro Raimondi, pregiudicato e vero obiettivo del raid. Il killer iniziò a sparare nonostante avesse l'uomo davanti. Colpito in volto e alla nuca, Pasquale perse la vita mentre il criminale si diede alla fuga.
Anche per lui non ci fu scampo. I delinquenti lo inseguirono uccidendolo poco più avanti, in un parco, per poi darsi alla fuga rubando una Panda ad una donna incinta, moglie di un negoziante locale. Inoltre, nella corsa i due rischiarono di investire Filomena Feliciello, figlia di Pasquale, che, presa dal momento, non riuscì a identificare le persone in auto.
Storico giuridico
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Nel 2003 - in seguito a delle dichiarazioni dei pentiti, la prima sezione della Corte d'Assise di Napoli stabilisce le seguenti condanne:
- Ergastolo per Iorio Raccioppoli Pasquale ritenuto mandante dell'agguato;
- 12 anni di reclusione per D'Avino Fiore, anch'egli ritenuto mandante dell'agguato;
- 11 anni di reclusione per Marchesi Antonio ritenuto l'esecutore materiale del delitto;
- Decadute le condanne per Tanzillo Luigi e Pelliccia Giovanni, per concorso e appartenenza al gruppo criminale, in quanto deceduti prima del processo. -
Nel 2015 Pasquale Feliciello viene riconosciuto dal Ministero dell'Interno vittima innocente di criminalità organizzata.
Il ricordo di Carmela Feliciello, figlia di Pasquale
"Quel giorno ero appena rientrata dal cimitero e incrociai mio padre che usciva. Avevamo perso mamma da un anno e mezzo e da sorella maggiore gestivo io la casa. Mi chiese di passargli la giacca e mi salutò. Poi, passate le 18:00 iniziarono una serie di circostanze 'strane' alle quali non avevo neanche il tempo di reagire perché ne seguiva un'altra: Iniziò con un vociferare forte per strada. Mi affacciai e notai che la gente mi fissava. Non gli diedi peso e rientrai. Di lì a poco bussò alla porta l'avvocato De Simone, amico e collega di mio fratello Giovanni. Per la prima volta, anziché aspettare che lo chiamassi, mi chiese di entrare e andò in camera sua. Un atteggiamento inconsueto ma, non ebbi il tempo di interpretarlo che squillò il telefono. Era una mia cugina di Castellammare. Sembrava una semplice telefonata di cortesia, eppure, continuava a chiedermi se fossi «sicura che fosse tutto a posto» e mentre cercavo di capire perché insisteva, contemporaneamente, sentivo urlare dalla stanza di mio fratello".
"Così, in mezzo a tutte queste stranezze decisi di prendere l'iniziativa. Entrai in camera di Giovanni e chiesi a tutti e due di darmi delle spiegazioni. Mi dissero che papà aveva avuto un malore e che lo avevano soccorso, poi scesero. La casa iniziò a riempirsi di gente che non voleva seguissi mio fratello. Forse era il loro modo di proteggermi evitando che, andando in strada, vedessi il corpo di mio padre. Poi arrivarono i carabinieri. Nonostante un fratello avvocato e l'altro dottore che ci spiegavano come progrediva la vicenda, l'aver subito una perquisizione coatta in casa e l'aver avuto i telefoni sotto controllo per molto tempo, fu per tutta la mia famiglia una forte pressione emotiva".
"Passarono molti anni. Ero in fila al collocamento per degli incartamenti. Mentre ero al bancone, di fianco a me sentii parlare una persona che, tramite un'associazione, rientrava in una categoria di 'familiari di vittime' perché gli avevano ucciso il fratello. Incuriosita e nella maniera più spontanea chiesi alla dipendente di che si trattasse accennandogli la mia storia. Fu così che entrai in contatto con la Fondazione Polis e Libera contro le mafie dando inizio al mio impegno nel sociale".
Sono convinta che solo quando il Governo riuscirà a garantire un lavoro a chi non ne ha, le persone non cercheranno altri modi, spesso illegali, di fare soldi. Solo allora la camorra non avrà più la manovalanza.
Frammenti di ricordi della famiglia Feliciello
Giovanni:"Quando quel pomeriggio l'Avv. De Simone entrò in camera mia, non avrei mai immaginato il motivo della sua urgenza. Mi disse che mio padre aveva avuto un infarto. Non potevo crederci. Dopo aver detto due parole anche a Carmela che era entrata in camera uscimmo rapidamente. Ricordo Casalnuovo bloccata dal traffico, così, decisi di proseguire a piedi fino al circolo ricreativo. Più mi avvicinavo e più la folla di persone diventava sempre più fitta. Mi feci largo nella mischia finché, arrivato sul posto dell'accaduto, incontrai mio fratello Alessandro arrivato poco prima di me. Solo lì, mi resi conto che la verità era ben altra".
Pietro:"Vivevo a Torino da un po' per lavoro. Quel pomeriggio mi telefonò un mio cugino dicendomi: «lo zio non si è sentito bene». Pensavo parlasse del padre, lo rassicurai con una battuta ma, con un tono che non faceva presagire nulla di buono, mi ripeté che mio padre era stato portato in ospedale. Contattai mio zio, un fratello di papà che lavorava anche lui a Torino per organizzarci e scendere a Napoli. In viaggio, decisi di chiamare un mio amico di Calsanuovo per farmi spiegare cosa fosse accaduto. Lì fu' il vero shock! Mi rispose la madre che mi scambiò per un'altra persona e, pensando di parlare con -Brunetto- mi disse: «Lo sai? Hanno sparato a Pasquale Feliciello. L'hanno ucciso, è su tutti i telegiornali». Di quel viaggio ricordo solo il -vai piano- dello zio e il rammarico di non poter più stare vicino a mio padre".
Patrizia:"All'epoca abitavo a Pomigliano d'Arco con la mia famiglia, fui avvisata telefonicamente. Quando mi dissero che papà ci stesse lasciando, non potevo crederci. Ho dovuto vederlo coi miei occhi. Da quel momento ebbi la sensazione che tutto non avrebbe avuto più senso. Non potevo smettere di pensare che, dopo mia madre, arrivò anche il suo turno in un modo davvero inaspettato. Una morte assurda, proprio a lui: un uomo colmo di valori, adorato da chiunque lo conoscesse o ne sentisse parlare. Amato dalla sua famiglia e in particolar modo da sua moglie. Quell'uomo non c'era più. Strappato alla vita quando non era neanche il suo momento perché altrimenti non sarebbe mai accaduto così. Tuttora, posso consolarmi solo pensando che mio padre mi protegga dall'alto e che Dio, anche se prematuramente, ha preso con sé uno degli angeli più belli che ha lasciato ricordi indimenticabili ad ognuno di noi".
Lella:"Quel pomeriggio ero con il mio fidanzato, attuale marito, che assistevamo ad una partita di calcio tra amici. Mentre eravamo seduti a fare il tifo si avvicinò un amico che bisbigliò qualcosa al suo orecchio. Lui si girò verso di me dicendomi: «Lella dobbiamo andare, tuo padre non si è sentito bene». Corremmo a casa, ad attenderci c'era una folla di persone. Notai che tutti mi fissavano e parlavano tra di loro. Solo allora, per evitare che lo scoprissi da terzi, mio marito mi disse la verità. «Lella, tuo padre è finito» Da queste parole iniziò il nostro incubo. Oltre a dover combattere per ottenere giustizia, dovevamo fronteggiare le dicerie del popolino. Lo stesso che aveva affollato la nostra casa. Questa è stata la cosa più ingiusta! Dover difendere la memoria di mio padre, un uomo umile e amorevole, dai pregiudizi e dalle malelingue di un quartiere, in cui, lui stesso aveva aiutato tante persone".
#Memoria: eventi in ricordo di Pasquale Feliciello
- Giugno 2016 - Inaugurazione dell'Associazione "Pasquale Feliciello" all'interno dell'incontro: "Legalità attraverso azioni di inclusione sociale. Quali strategie possibili?" tenutasi presso il Centro polifunzionale Pierpaolo Pasolini, a Casalnuovo di Napoli. L'iniziativa è stata realizzata in collaborazione con l'associazione Libera, la Fondazione Polis, il Coordinamento campano dei familiari delle vittime di criminalità, con il patrocinio morale dell'ordine degli Avvocati di Nola, del Comune di Casalnuovo di Napoli, della Regione Campania e dell'Eurispes.
- Giugno 2017 - Percorsi di legalità ed inclusione presso l'istituto comprensivo "Milani-Elia-Aliperti". L'incontro è stato organizzato dall'associazione "Il piccolo principe" e patrocinata dalla Commissione Anticamorra della Regione Campania.
- 26 maggio 2018 - 3° memorial Pasquale Feliciello con un quadrangolare di calcio presso il campo sportivo "D.Iorio" di Casalnuovo (NA).
- 4 maggio 2019 - Messa eucaristica presso la Chiesa S.S dell'Arcora di Casalnuovo di Napoli. A seguire una marcia per la legalità per tutto il corso Umberto I, sempre Casalnuovo.
- 8 giugno 2019 - 4° memorial di calcio giovanile, presso il centro sportivo Holly & Benji sito di Tavernanova (NA). Organizzato dall'Associazione in collaborazione con il centro sportivo.
L'Associazione "Pasquale Feliciello"
Nel 2016, da una forte volontà dei figli, nasce ufficialmente l'Associazione "Pasquale Feliciello", Presidente il primogenito Alessandro.
La principale finalità associativa è la promozione della legalità attraverso azioni di inclusione sociale e sociosanitaria in favore di cittadini svantaggiati anche attivando interventi di valorizzazione e assistenza professionale.
Vuoi saperne di più? Visita il sito:
www.aspasqualefeliciello.altervista.org
Resta connesso con Pasquale Feliciello e la sua associazione
Per rimanere informato sui prossimi eventi in memoria di Pasquale Feliciello o delle attività dell'associazioni, segui la pagina Facebook dedicata a lui!
@Associazione Pasquale Feliciello Vittima Innocente di Camorra
Paolo Coviello
Paolo Coviello, 63 anni
Storico giuridico
- Nonostante fosse chiaro fin da subito lo scambio di persona, le indagini non poterono continuare per mancanza di testimoni.
- 2015 - coordinati dal PM Giovanni Conzo, i carabinieri arrestarono i responsabili grazie alle dichiarazioni dei boss pentiti.
- Dicembre 2015 - il Tribunale di Napoli ha condannato a 20 di carcere gli esponenti della fazione del clan che aveva architettato l'agguato e all'ergastolo l'esecutore materiale.
- Marzo 2017 - La Corte d'Assise d'Appello di Napoli (quarta sezione) condanna in primo grado per il duplice omicidio:
- a 20 anni di reclusione: Umberto Venosa e i parenti Salvatore, Pietropaolo e Raffaele; con l'attenuante di essersi pentiti ed aver emesso dichiarazioni auto-accusatorie;
- ergastolo per Francesco Carannante. - In seguito, la Corte riduce le condanne per i 4 familiari Venosa a 13 e 14 anni di reclusione e 20 anni per Carannante che in seguito alla prima condanna inviò alla Corte una lettera in cui ammette le proprie responsabilità per il delitto e le scuse.
Il racconto di Giuseppe Coviello, figlio di Paolo
"Quel giorno venimmo contattati dai carabinieri che ci avvisarono di -un incidente-. Ci dissero che mio padre era in ospedale ma non aggiunsero altro. Quando arrivammo sul posto scoprimmo che in realtà era già morto in ambulanza durante il tragitto. Papà era un impiegato statale, lavorava in una scuola e gli mancava davvero pochi anni alla pensione. Lui era il classico lavoratore il cui principale pensiero era quello di prendersi cura della famiglia. Ricordo che mi raccomandava sempre di frequentare ambienti tranquilli, di evitare certe zone e persone rischiose. Scoprire che fosse morto in un agguato di camorra fu davvero assurdo".
"Solo a inizio 2015 i carabinieri ci informarono di aver arrestato gli esecutori materiali dell'agguato di mio padre. Con le dichiarazioni dei pentiti finalmente avemmo la conferma che, purtroppo, mio padre Paolo e Pasquale Romano furono vittime di uno scambio di persona. Poco dopo, venimmo a conoscenza del Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti e di Libera. Per fortuna ci sono loro a farci sentire il sostegno della parte buona della società".
I tempi della giustizia e la burocrazia sono così lunghi e contorti che lo Stato risulta assente. Proprio per questo, In questi episodi è molto importante la risposta unita e rivoluzionaria della società.
#Memoria: Eventi e intitolazioni per ricordare Paolo Coviello
- Ogni anno, i familiari organizzano una messa, intima, in suffragio di Paolo Coviello
Antonio Vairo
Antonio Vairo, 68 anni
Il 23 gennaio del 2003 Antonio Vairo venne ucciso in Calata Capodichino, a Napoli, mentre s'intratteneva fuori l’associazione cattolica a cui era iscritto. Era sceso di casa per acquistare bibite quando fu sparato alle spalle. Con un solo colpo alla nuca dei balordi misero fine alla sua vita per uno scambio di persona. Nonostante fossero all'incirca le 11:00 del mattino e in una zona trafficata della città, nessuno dei passanti rilasciò una testimonianza.
A distanza di qualche anno, i familiari di Antonio, la vedova e le tre figlie, ottennero il riconoscimento di familiari di vittima innocente di criminalità organizzata. Nella determina del Ministero dell'Interno si legge che Antonio Vairo è da ritenersi tale perché:"fu ucciso per errore nell'ambito delle scommesse clandestine".
Storico giuridico
- Giugno 2004 - In assenza di elementi per proseguire le indagini, il P.M. formulò la richiesta di archiviazione accolta dal GIP.
Il ricordo di Concetta Vairo, figlia di Antonio
"Quella mattina ero a casa, incinta di 4 mesi. Verso orario di pranzo, mio marito e una sua zia entravano e uscivano tra le stanze. Parlavano in un modo strano dandomi delle indicazioni ma facevano dei ragionamenti un po' confusi. Insomma, capii che prendevano tempo così accesi la televisione come d'abitudine e fu così che seppi dell'accaduto. Il TG dava la notizia della sparatoria avvenuta fuori al tabacchi e quando sentii il nome di mio padre mi sentii pietrificata. Inutile la corsa all'ospedale a cui andarono mio marito e mia sorella."
"Da allora, la serenità della mia famiglia è stata stravolta. Tutt'ora, anche tra familiari, non è facile parlarne e ancor di meno accettare quanto sia accaduto. Inoltre, con un'archiviazione così rapida ci sentimmo abbandonati dalle Istituzioni e dalla comunità. Abbiamo conosciuto sulla nostra pelle il significato della parola omertà".
"Mio padre era una persona per bene e merita di avere giustizia. Prego che un giorno, anche in maniera anonima, qualcuno collabori con le autorità affinché possa essere arrestato chi ha commesso questo crimine. Non solo per mio padre ma anche per mia madre, venuta a mancare diversi anni fa. L'unico suo desiderio era conoscere chi le aveva strappato l'amore del marito. Non ha resistito al suo dolore. Ora tocca a me esaudire il suo ultimo desiderio e tenere viva la speranza".
Anche se sono passati tanti anni, noi chiediamo a gran voce: Giustizia, GIUSTIZIA giustizia!
#Memoria: eventi & intitolazioni in memoria di Antonio Vairo:
- 23 gennaio 2013 - Decimo anniversario della morte di Antonio Vario. Momento di riflessione con la deposizione di una corona di alloro e di una targa in memoria della vittima sul luogo dell'accaduto. Evento promosso dalla terza Municipalità e dalla Fondazione Polis. A seguire, messa commemorativa presso la parrocchia di Nostra Signora di Lourdes, celebrata da don Vincenzo Ruggiero.
- 23 gennaio 2014 - Messa commemorativa.
- 26 ottobre 2015 - Cerimonia di svelatura della targa commemorativa deposta in Calata Capodichino presso il luogo dell'incidente. Delibera del 4 marzo 2014 approvata all'unanimità dal Consiglio della III Municipalità.
- 23 settembre e 4 ottobre 2014 - Antonio Vairo è tra le vittime innocenti raccontate nello spettacolo:"VIVI". Progetto realizzato dalla Fondazione Polis, in collaborazione con il Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità, con il supporto tecnico e scientifico di Aldo Zappalà di Village doc&film.
- 5 dicembre 2019 - Intitolazione del Laboratorio Scientifico del'IPSEOA "Duca di Buonvicino" di Napoli.
Domenico Noviello
Domenico Noviello, 65 anni
Il 16 maggio 2008, pressapoco le 7:00, Domenico Noviello uscì di casa come tutte le mattine per dirigersi a lavoro. Come da abitudine era solito farsi un giro per comprare il giornale e fare colazione al bar per poi aprire le porte della sua autoscuola, in località “Baia Verde” a Castel Volturno (CE). A bordo della sua "Panda", a circa 1 km da casa, fu affiancato da due sicari della camorra. Accortosi, Domenico fermò l'auto ed uscì per sfuggire all'agguato. Purtroppo, i killer lo raggiunsero prima che l'uomo potesse mettersi al riparo.
Il motivo dell'omicidio fu chiaro fin da subito: nel 2001 l'imprenditore denunciò il tentativo di estorsione da parte del clan Bidognetti. All'epoca, il primo ad essere avvicinato fu il figlio Massimiliano, al quale, dissero che il boss latitante voleva incontrare il padre Domenico. All'incontro avanzarono una richiesta estorsiva di 30 milioni di lire. L'imprenditore aveva già deciso di non pagare ma, per rendere partecipe anche la famiglia dell'accaduto, prese tempo. Essendo l'unica autoscuola sul territorio avrebbero potuto trovare un accordo con il clan, eppure, la famiglia Noviello decise di denunciare l'atto criminoso. Grazie al suo gesto furono arrestati ben cinque affiliati all'organizzazione camorristica, tra cui: Pasquale Morrone e i fratelli Alessandro e Francesco Cirillo. Per chiari motivi di sicurezza, a Domenico Noviello e suo figlio fu concesso il porto d'armi e assegnata una scorta revocata dopo tre anni.
Storico giuridico
- 21 novembre 2012 - Con la richiesta di applicazione del rito abbreviato si tiene l'udienza camerale per gli imputati Bartolicci, Alfiero e Granata. All'udienza vengono ammesse tutte le parti civili (familiari, FAI, SOS Impresa, Ministero dell'Interno).
- 27 novembre 2012 - Inizia il processo, con il rito immediato presso la 2° Sezione della Corte di Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, contro gli altri sette imputati tra i quali Giuseppe Setola.
Si sono costituiti parte civile la Regione Campania, i familiari di Domenico Noviello, il Governo (Ministero dell'Interno- Commissariato Straordinario del Governo per l'antiracket e l'antiusura), il Comune di Castelvolturno, la FAI, l'associazione Coordinamento napoletano delle associazioni antiracket, il Comitato Don Peppe Diana, SOS Impresa.
Nel corso del processo vengono ascoltati i figli di Noviello che raccontato gli anni di terrore vissuti dalla famiglia a partire dal 2001. Noviello aveva scritto anche una lettera alla figlia minore in cui si diceva preoccupato per la sua incolumità. - 4 dicembre 2012 - Il g.u.p. Isabella Iaselli emette la pena di ergastolo per gli imputati Bartolicci, Alfiero e Granata.
- 29 gennaio 2014 - Nel corso dell'udienza il collaboratore di giustizia Tartarone ammette le sue responsabilità nell'omicidio e consegna una lettera in cui Metello Di Bona ammette le sue responsabilità.
- Luglio 2014 - Avviene la sentenza di secondo grado del Tribunale di Napoli nei confronti degli assassini, imputati già riconosciuti colpevoli e condannati alla pena dell'ergastolo nel processo di primo grado con rito abbreviato (Bartolicci, Alfiero e Granata). La Corte decide di modificare la pena inflitta in primo grado riducendo l'ergastolo a una pena di 30 anni di reclusione. Eccezione per Granata Davide, assolto dal reato di ricettazione.
- 7 luglio del 2014 - Si apre il processo presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di Setola per l'omicidio. In quest'occasione, il magistrato chiede:
- il massimo della pena per: Setola, Giovanni Letizia, Alessandro Cirillo, Francesco Cirillo, Massimo Napolano e Metello Di Bona.
- 14 anni Luigi Tartarone per aver collaborato con la giustizia e aver fornito dichiarazioni ritenute decisive dal pm per la ricostruzione dei ruoli e delle dinamiche dell'omicidio. - 1 ottobre 2014 - Durante l'udienza stabilita dal giudice, Setola, intervenuto in videoconferenza dal carcere di Opera (Milano), si dichiara colpevole dell'omicidio Noviello affermando il non pentimento per il delitto.
- 19 Novembre 2014 - Si conclude il processo per l'omicidio Noviello. La Corte d'assise emete le segeunti condanne:
- Ergastolo a: Giuseppe Setola, Giovanni Letizia, Masssimo Napolano, Alessandro Cirillo e il cugino Francesco Cirillo;
- 30 anni a Metello Di Bona;
- 13 anni e 6 mesi al pentito Tartatone Luigi. - Marzo 2015 - La Corte Suprema di Cassazione stabilisce 30 anni di reclusione per Massimo Alfieri, Giovanni Bartolucci, e Davide Granato per aver partecipato all'omicidio di Domenico Noviello.
Il ricordo di Massimiliano Noviello, figlio di Domenico
"Io e mio padre abitavamo nella stessa villetta su due piani differenti. Quella mattina non andammo a lavoro inseme come al solito perché avevo promesso a mio cognato che sarei andato a correre con lui. Quando rientrai lui era già uscito. Il tempo della doccia, e di prepararmi per raggiungerlo all'autoscuola che ricevetti la telefonata di mio cognato. Mi disse che papà aveva avuto un incidente stradale. Quando mi recai sul posto rimasi impietrito nel trovare mio padre riverso a terra in una pozza di sangue".
"Si avvicinò un poliziotto che mi condusse con lui in commissariato. Lì incontrai mia madre che ancora non sapeva nulla. Avendo l'autoscuola proprio di fianco al commissariato, l'avevano prelevata mentre apriva le porte del negozio. Fui io a darle la brutta notizia e, dopo di lei, telefonai anche alle mie sorelle. Da quando decidemmo di denunciare, nel 2001, la nostra famiglia perse la serenità. Vivemmo anni nel timore che ci potesse accadere qualcosa e in quel momento si concretizzò".
"Quando qualcuno sente o legge di mio padre gli verrebbe da pensare che è stato ucciso perché «aveva osato sfidare il clan». È vero, era andato «contro tendenza» rispetto il contesto socio-territoriale dell'epoca. Ma la sua morte non poteva essere solo questo o un monito per gli altri imprenditori che avrebbero potuto seguire il suo esempio. Così, decisi di dare nuove risposte alla domanda del «perché fosse morto». Studiando le storie di altre vittime innocenti della camorra mi accorsi che erano accomunate tutte dall'esser stati lasciati soli nella loro battaglia. Per fortuna io avevo una guida. Pochi giorni dopo l'accaduto fui ricevuto da Tano Grasso (ex-commerciante laureato in filosofia all'Università di Firenze nonché presidente della prima associazione antiracket italiana), il quale mi fece conoscere il mondo della FAI accompagnandomi nei primi passi".
Mio padre non voleva essere un eroe né tanto meno pensava di fare un gesto eroico. Lui voleva solo fare un gesto di «normalità» ,ovvero, denunciare l'illegalità!
Il ricordo di Mimma Noviello, figlia di Domenico
"Nel mezzo di una normalissima giornata feriale, impegnata nel servizio civile a Caserta dove abitavo già da qualche anno con mia madre e mia sorella, venni raggiunta da una telefonata. Era mio fratello che senza troppi giri di parole mi disse quanto fosse accaduto. Ero incredula. Ci volle l'intervento di mia cognata e del mio ex datore di lavoro per farmi comprendere la vicenda. Credevo realmente che fosse tutto uno scherzo, ci speravo, finché non raggiunsi il luogo dell'accaduto e vidi il corpo di mio padre esanime a terra anziché in un ospedale".
"Come famiglia avevamo vissuto tutto insieme, dalla denuncia alle minacce, tutti i retroscena. Forse la giovinezza, le mie idee cavalleresche in cui il bene trionfa sempre o il non conoscere certi meccanismi della camorra che, da quella notizia, fui presa totalmente alla sprovvista. Mi accorsi di essere completamente ignara della crudeltà di questi ambienti e mai avrei immaginato alla possibilità che mio fratello e mio padre potessero subire una violenza così efferata".
"I momenti successivi furono i peggiori. Agli anni vissuti in solitudine dove vedevo un padre impaurito, allontanato dagli amici e colleghi, sempre cauto, si aggiunsero i sospetti del popolino. Perché se vieni ucciso dalla camorra è perché «qualcosa devi aver fatto». Assurdo che mio padre subisse tale ingiustizia".
"Poco tempo dopo conobbi la Fondazione Polis, in particolare Paolo Miggiano che all'epoca ne faceva parte. Fu lui a guidarci nei primi passi di quello che, in seguito con Libera e il Coordinamento dei familiari e poi come famiglia, è diventato il nostro impegno sociale. Un impegno dettato dall'esigenza di difendere la memoria di mio padre dagli 'schiaffi' rappresentati dalle infamie dette sul suo conto".
Mai arrendersi ai pregiudizi. Se gli permetti di appesantirti finirai col sentirti addosso il peso della solitudine. In questa battaglia vince il «restare uniti».
#Memoria: Menzioni, Onorificenze e Luoghi intitolati a Domenico Noviello:
- 16 maggio 2009 - Intitolazione di Piazza "Domenico Noviello" a Baia Verde. Promossa dal Comune di Castel Volturno(CE) in occasione del 1° anniversario dalla morte.
- Nel marzo 2009 - Viene conferita la medaglia d'oro alla memoria per il valore civile dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con la seguente dicitura:
«Chiarissimo esempio di impegno civile e rigore morale fondato sui più alti valori di libertà e di legalità». - 12 maggio 2014 - Intitolazione del Presidio di Libera Ivrea, nato proprio nel 2008.
- 16 maggio 2014 - Inaugurazione del bene confiscato "Domenico Noviello" a Castel Volturno, Via Ostia 6 (Località Selva del Falco). Assegnatari l'associazione a lui intitolata e Presidio Libera Castel Volturno.
- 7 giugno 2015 - Intitolazione del Piazzale "Mimmo Noviello" antistante lo Stadio Comunale di Casal di Principe (CE). Iniziativa promossa dal Comune.
- Novembre 2017 - Menzionato nel libro: "Il grande libro delle amache" di Michele Serra. Feltrinelli Editori.
- 2019 - Pubblicato il libro biografico: "L'altro casalese. Domenico Noviello, il dovere della denuncia" di Paolo Miggiano. Edizione: Di Girolamo Editore.
Eventi in ricordo di Domenico Noviello
- 16 maggio 2011 - Commemorazione presso Piazzetta Domenico Noviello, con Tano Grasso, il Procuratore Aggiunto della D.D.A. di Napoli Federico Cafiero de Raho, il Sostituto Procuratore della D.D.A di Napoli Cesare Sirignano, il responsabile regionale di Libera Geppino Fiorenza, il presidente ANCI Campania Nino Daniele, la vice presidente di confindustria per il Mezzogiorno Cristiana Coppola e l’avvocato Gianni Zara dell’ufficio legale della F.A.I.
- 22 novembre 2011 - Presentazione ufficiale dell'Associazione Antiracket Domenico Noviello di cui Massimiliano Noviello è Presidente.
- 16 maggio 2012 - Commemorazione presso Piazzetta Domenico Noviello, con il Prefetto di Caserta Carmela Pagano, Tano Grasso, il Procuratore Aggiunto della D.D.A. di Napoli Federico Cafiero de Raho, il responsabile provinciale di Libera Caserta Valerio Taglione, il presidente dell’Osservatorio sulla camorra Nino Daniele, la coordinatrice regionale della F.A.I. Silvana Fucito e l’avvocato Gianni Zara dell’ufficio legale della F.A.I.
- 16 maggio 2013 - Commemorazione presso Piazzetta Domenico Noviello con il Prefetto di Caserta Carmela Pagano, Tano Grasso, Silvana Fucito, il magistrato Alfredo Mantovano ed il Commissario del Governo per le iniziative antiracket Prefetto Elisabetta Belgiorno. In questa occasione si annuncia l’assegnazione di un bene confiscato ed il bando del “I° Concorso Domenico Noviello”.
- 16 maggio 2014 - Commemorazione presso Piazzetta Domenico Noviello con il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, il Prefetto di Caserta Carmela Pagano, Tano Grasso, il Commissario Regionale antiracket Franco Malvano. In occasione, è stata inaugurato il bene confiscato quale sede dell’associazione antiracket Domenico Noviello.
- 16 maggio 2015 - Commemorazione presso Piazzetta Domenico Noviello, con Comitato don Peppe Diana, Legambiente, Sindaco Dimitri Russo, Tano Grasso e il Prefetto di Caserta Carmela Pagano.
- 16 maggio 2016 - Commemorazione Domenico Noviello, presenti sindaco Dimitri Russo, Tano Grasso, Commissario Straordinario Santi Giuffré e la Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia on.Rosy Bindi.
- 16 maggio 2017 - Commemorazione in Piazzetta Domenico Noviello, seguita da un incontro presso la sede della FAI Antiracket Castel Volturno Associazione “Domenico Noviello” in cui sono intervenuti dicvesri esponenti della FAI, Giuseppe Borrelli, Procuratore Aggiunto della DDA di Napoli Domenico Cuttaia, Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura.
- 16 maggio 2018 - Commemorazione presso lpresso Piazzetta Domenico Noviello. Presenti gli studenti dell'alberghiero di Castel Volturno, altri da Padova e i giovani del Presidio Libera di Ivrea.
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13 maggio 2019 - Commemorazione in piazzetta Domenico Noviello seguito da un dibattito presso la sede dell’associazione Fai antiracket di Castel Volturno. Intervenuti: Luigi Ferrucci, coordinatore regionale Fai; Raffaele Ruberto, prefetto di Caserta; Raffaele Cannizzaro, commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso; Annapaola Porzio, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura; Giovanni Melillo, procuratore della Repubblica di Napoli. Le conclusioni saranno affidate a Luigi Gaetti, sottosegretario al Ministero dell’Interno.
L'Associazione Antiracket Domenico Noviello
L'associazione, di cui Massimiliano Noviello è Presidente, nasce nel novembre del 2010 da un gruppo di commercianti ed imprenditori che avevano denunciato i propri estorsori. Grazie alle intuizioni di un Tenente Colonnello dei Carabinieri e all'incontro con Tano Grasso, iniziò un vero e proprio percorso formativo che portò alla costituzione della prima associazione antiracket del litorale domizio e al consecutivo ingresso nella famiglia della F.A.I. (Federazione Antiracket Italiana).
〉 Per il suo impegno e la crescita dell'associazione, il 16 maggio 2018, Massimiliano Noviello viene nominato presidente onorario della FAI Campania.
Lo scopo principale è quello di non lasciare da solo l'imprenditore che denuncia.
Al fine del suo raggiungimento, i soci si prodigano a:
- tutelare chi ha denunciato;
- invitare anche altri operatori commerciali a fare lo stesso;
- accompagnare le vittime di estorsione in tutte le fasi del processo. In tal senso, fornendo: assistenza legale e psicologica gratuita, costituendosi parte civile nei processi;
- promuovere e monitorare il progetto "Consumo Critico" [PAGO CHI NON PAGA IL PIZZO]
- diffondere la cultura della legalità nelle scuole, organizzando eventi, collaborando con altre associazioni territoriali.
Vuoi Saperne di più? Visita il sito:
www.antiracketcastelvolturno.it
La Cooperativa Ventuno, la primavera della sostenibilità
Il 24 aprile 2015 nasce la Cooperativa Ventuno dall'idea e dall'impegno di Massimiliano Noviello e Gennaro Del Prete, figlio di Federico Del Prete. La cooperativa propone prodotti ecologici e compostabili, dai bioshopper ai prodotti per l’agricoltura a quelli usa e getta per la ristorazione.
In onore alle battaglie antiracket di entrambi i genitori, al contesto sociale della -Terra dei Fuochi- e alla diverse collaborazioni, nacque: la busta giusta! “Memoria, impegno e riscatto”.
Guarda lo spot con Fortunato Cellino: #UnSaccoGiusto.
Vuoi saperne di più? Visita il sito:
www.coopventuno.it
o sulla pagina facebook: @coopventuno